Borealis: il supercomputer quantistico
Solo 36 microsecondi per risolvere un calcolo che avrebbe richiesto (ad un computer classico) almeno 9.000 anni. Questo il traguardo raggiunto dal computer quantistico Borealis e riportato dalla rivista Nature: per la prima volta sono state programmate particelle di luce (fotoni). Il risultato sorprendente lo ha ottenuto la startup canadese Xanadu.
Il lavoro, ha commentato Simone Severini, direttore del Quantum Computing di Amazon Web Services (AWS), “permette un importante passo in avanti nella comprensione profonda delle potenzialità offerte dal calcolo quantistico”.
Ma come funziona?
La macchina realizzata dai ricercatori di Xanadu sfrutta i fotoni nel ruolo di Qubit, ossia le unità di calcolo dei computer. Al momento Borealis dispone di 216 Qubit, quasi il doppio di quelli presenti sul processore IBM Eagle.
Contrariamente ai concorrenti come IBM e Google, che usano superconduttori raffreddati a temperature prossime allo zero assoluto, i Qbit di Borealis sono realizzati usando un sistema quantistico a fotoni che può operare senza problemi a temperatura ambiente.
Il vero successo è la modalità di coordinare l’ingresso dei fotoni all’interno del processore. Le particelle di luce vengono prodotte da un singolo generatore che realizza una sorta di treno di fotoni allineati.
Modulando il flusso di fotoni (organizzati in speciali anelli detti loop e successivamente sincronizzati) si gestisce di fatto la potenza di calcolo che entra nel chip, dove avviene l’elaborazione.
Tale intervento consente di fatto di avere un nuovo tipo di chip, fatto in questo caso da catene di fibre ottiche collegate tra loro e programmabile in base all’operazione che si vuole svolgere.
Il problema risolto da Borealis non ha applicazioni pratiche immediate, ma la sua soluzione in un tempo così ridotto conferma che i computer quantistici possono offrire vantaggi significativi rispetto ai computer classici.
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